La pena di morte in Italia non è stata abolita molto di recente: ecco perché non ce l’abbiamo più

La pena di morte nel nostro Paese è stata abolita tanto tempo fa, anche se una piccola eccezione – sconosciuta ai più – è rimasta fino agli scorsi anni ’90.

La pena capitale è infatti stata in vigore fino al 1889 nel codice penale, per poi essere reintrodotta sotto il fascismo dal 1926 al 1948, quando l’entrata in vigore della Costituzione, il 1 gennaio dello stesso anno, la abolì. Rimase però per molto tempo un’unica eccezione, a cui sostanzialmente non si è mai fatto ricorso, ma che avrebbe effettivamente reso possibile l’applicazione di tale provvedimento.

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La pena di morte è scomparsa nel nostro ordinamento da molto tempo o… no? – massimedalpassato.it – Fonte Pixabay

Non tutti sanno, infatti, che nel Codice penale militare di Guerra la pena di morte rimaste come eccezione alla carta costituzionale fino al 1994, anno in cui fu eliminata e sostituita dall’ergastolo.

Pena di morte in Italia, si può reintrodurre?

Ma, almeno in via teorica, come occorrerebbe per reintrodurre la pena di morte nel nostro Paese? Farlo, non è semplicissimo. Ricordiamo infatti come per reintrodurre la pena capitale in Italia occorrerebbe una legge di revisione costituzionale sull’art. 27, a doppia deliberazione con almeno i due terzi di ciascuna camera (o un referendum costituzionale positivo in assenza della maggioranza qualificata).

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Reintrodurre nel nostro ordinamento la pena di morte sarebbe molto difficile: ecco cosa occorrerebbe – massimedalpassato.it – Fonte Pixabay

Per ora, però, non è mai esistito un partito o uno schieramento politico che decidesse di muoversi in questa direzione che, dall’opinione pubblica, sarebbe probabilmente fortemente contestata.

Le cose potrebbero però non essere così semplicistiche. È opinione di autorevoli giuristi costituzionali il fatto che i diritti inviolabili dell’uomo che sono menzionati esplicitamente dalla Costituzione non siano modificabili mediante il procedimento di revisione costituzionale.

Pertanto, gli articoli immodificabili come l’art. 2 e gli articoli dal 13 al 16, che la Costituzione definisce essere inviolabili, non potrebbero comunque modificarsi nei loro principi fondamentali. In tal senso, il rifiuto della pena di morte come diritto inviolabile e il limite di revisione sembrano essere accertati anche da una sentenza del 1996 da parte della Corte costituzionale, nel caso di una richiesta di estradizione di un uomo in un sistema penale che prevedeva il rischio di pena di morte. In quell’occasione, infatti, l’estradizione fu  bloccata dai giudici costituzionali.

Tra le altre norme che intaccano il tema, pur indirettamente, il fatto che la normativa sui trapianti (l. 1 aprile 1999, n. 91) vieti l’importazione di organi o tessuti da Stati in cui la legislazione consenta la vendita o il prelievo forzato da cittadini condannati a morte.

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