Dopo la morte del calciatore Mattia Giani del Castelfiorentino, la procura della Repubblica di Firenze ha aperto un fascicolo con l’ipotesi di reato di omicidio colposo.
Morire è inevitabile, questo è certo, ma quando chi è addetto a vigilare sulla nostra salute, non sa dove mettere le mani, si esce dal campo della natura e si entra in quello della legge penale. La domanda vera è infatti: si può morire a soli 26 anni, per un fattore di negligenza? È questo che non smette di chiedersi il padre di Mattia Giani, il calciatore 26enne del Castelfiorentino che, pochi giorni fa, è deceduto in campo.
Le morti in campo non sono purtroppo un argomento nuovo: tanti casi celebri hanno affollato le pagine di cronaca o di sport, destando sempre tante preoccupazioni, al suono di “ma com’è possibile che accada ad atleti sempre controllati?”. Adesso però, a quanto pare, il problema non è stato il controllo pre partita, ma l’inefficienza del personale che si è trovato a soccorrere il ragazzo.
La rabbia del padre
Durante la partita di Eccellenza tra Castelfiorentino e Lanciotto, disputata domenica 14 aprile, il calciatore 26enne Mattia Giani ha accusato un malore in campo, malore che gli è stato fatale dopo poche ore. Ciò che emerge è l’inefficienza dei soccorritori: secondo il padre di Mattia infatti:”Nessuno sapeva usare defibrillatore”, cosa che sarebbe gravissima se verificata.
Il Pubblico Ministero Giuseppe Ledda ha intenzione di disporre un’autopsia che dovrebbe essersi tenuta in questi giorni e che sarà necessaria per accertare le vere cause della morte del ragazzo e, soprattutto, se un intervento tempestivo e con i giusti mezzi sarebbe stato utile nel salvargli la vita. Al momento, non ci sono iscritti al registro degli indagati ma qualcosa inizia a muoversi.
La procura della Repubblica di Firenze ha infatti aperto un fascicolo con l’ipotesi di reato di omicidio colposo. A dare lo stimolo giusto per l’apertura del fascicolo, è stato l’intervento dei familiari, nonostante al momento non sia stata registrata nessuna denuncia formale in procura. Come ha precisato il padre di Mattia:”Procederemo per vie legali non per accanirsi sulla società o sul 118, non vogliamo questo, ma solo perché quanto accaduto a nostro figlio non accada ad altri ragazzi in futuro”.
Il padre di Mattia Giani continua, dichiarando che:”lì non c’era né ambulanza né medico, solo i massaggiatori della squadra ed il defibrillatore è arrivato in un secondo momento ma nessuno lo sapeva usare” parole che, se confermate, metterebbero in luce una situazione da porre sotto osservazione attenta.